Nel lavoro di restauro di un mobile, si distinguono due tipi di pulizia: quella che generalmente si fa all'inizio, quando il mobile lasciato nella soffitta o nella cantina per anni, è ora pieno di polvere e sporcizia varia. In questo caso è necessario, munirsi di aspirapolvere, pennellini di varie misure a setole dure al fine di asportare tutto lo sporco polveroso anche dai punti più nascosti. 
Ilsecondo tipo di pulizia, (ed è quello che ora approfondiremo) riguarda invece la superficie lucidata  del mobile, e viene effettuata quando il mobile non ha bisogno di essere sverniciato. Occorrerebbe fare ricorso alla sverniciatura solo in casi eccezzionali, ad esempio quando è stata utilizzata una vernice acrilica o colorta per "rinnovare" un vecchio mobile in anni passati.

Contrariamente a quanto possa apparire, la pulitura del mobile è un'operazione alquanto delicata poichè si lavora su quella parte che costituisce l'aspetto estetico più evidente, pertanto una rimozione errata, troppo aggressiva o fatta malamente può comportare un irriversibile danno al quale difficilmente si potà porre rimedio.

Quando la superficie del mobile è ancora finita a cera o gommalacca. allora potremmo limitarci a pulirla prima di passare a ravvivare nuovamente la lucidatura.

Questa pulizia della superficie, si inserisce, nel lavoro di restauro, al termine di tutte le operazioni di reintegrazione o ripristino e consolidamento della parte lignea. 

Agiremo salvaguardando l' integrità della vernice originale e della patina,  procederemo gradualmente, provando all'inizio con solventi più blandi ed eventualmente passando a quelli più aggressivi se non si ottiene il risultato voluto. Conviene eseguire una "prova" in una parte poco a vista del mobile (es: la parte bassa/posteriore di un fianco) per verificare l' efficacia del metodo di pulitura che andremo a usare .


Per decidere come pulire un mobile, dovremo prima di tutto stabilire due cose: quale vernice è presente sul mobile e quale tipo di finitura vogliamo a nostra volta applicare. In sostanza, un mobile può essere pulito solo se dopo applicheremo lo stesso tipo di finitura di quella preesistente. Se intendiamo applicarne uno diverso, dovremmo procedere molto probabilmente alla sverniciatura.

Avremo principalmente due tipi di finitura:  a cera,  o a gommalacca.


Pulizia di un mobile rifinito a cera

La pulizia del mobile con finitura a cera può essere effettuata semplicemente con uno straccio imbevuto di trementina.
Strofinate accuratamente la superficie del mobile adottando la pressione necessaria per ottenere il migliore risultato. Nel caso in cui lo sporco sia particolarmente tenace evitate di esercitare una pressione troppo forte nello stesso punto, in quanto ciò potrebbe schiarire il legno e compromettere gravemente l' estetica del mobile. Per evitare tale inconveniente provate a porre sulla zona macchiata alcune gocce di trementina, lasciate che agiscano per qualche minuto, quindi strofinate la macchia.

 

Pulizia di un mobile rifinito a gommalacca

Per pulire efficacemente un mobile verniciato con la gommalacca conviene impiegare una soluzione (detta triplice, dal numero dei componenti) preparata con:


- 100 ml di trementina;
- 50 ml di alcool a 95°;
- 50 ml di olio paglierino.


Strofinate energicamente ma uniformemente il mobile con tale soluzione per mezzo di un tampone di cotone. Sostituite spesso il cotone e diminuite gradualmente la pressione esercitata fino a raggiungere il risultato ottimale.

Nel caso di sporco tenace, si può aumentare leggermente la percentuale di alcool, facendo però attenzione a non eccedere  perché asportereste degli strati di gommalacca e ciò vi costringerebbe a sverniciare e riverniciare il mobile. Una volta terminata questa fase strofinate il legno con un panno asciutto e pulito.

Gli interventi fino ad ora suggeriti, se eseguiti correttamente,   non ledono la patina, quindi si possono attuare con prudenza , anche su mobili antichi.

 

Pulizia di macchie ostinate

E molto frequente che le superfici da restaurare dopo la sverniciatura si presentino ancora con macchie diffuse, la cui eliminazione (o attenuazione) è operazione tra le più difficili in restauro. Se le macchie resistono ad una leggera carteggiatura, la loro eliminazione dipende dalla lontananza temporale, dalla profondità di penetrazione nel legno, dal tipo di legno, ma soprattutto dall'individuazione (non facile) del tipo di macchia. Se le macchie risultano essere molto ostinate, conviene tenersele, del resto fanno anch' esse parte della storia del mobile. Insistere oltre un tentativo ragionevole, si rischia di recare più danno della presenza della macchia stessa.

Ecco alcuni consigli per il loro trattamento:

 

Liquidi zuccherini.

In questo caso imbibire la zona interessata tamponando con acqua calda. Quindi asciugare con una carta assorbente ed attendere la completa asciugatura.

Sostanze alcoliche.

Ove vi siano macchie di questo tipo l'intervento è un po disperato. Si può comunque procedere applicando un tampone di cotone imbevuto di 50% di Essenza di Trementina e 50% di Petrolio Rettificato. Quindi pulire con Alcool 94. 

Inchiostro.

Si può provare ad eliminare le macchie con un batuffolo di ovatta imbevuto di ¾ di acqua ed ¼ di Acido Ossalico. Circoscrivere l' intervento alla sola parte macchiata. Lasciare agire per qualche minuto, quindi sciacquare con una spugna pulita. 

Unto e grassi.

In questo caso le situazioni sono le più diverse e non sempre è possibile arrivare all'eliminazione completa. Si può provare strofinando la zona macchiata con un batuffolo di cotone imbevuto di Alcool 94. Oppure si può tamponare la macchia con Alcool 94 e Talco e quindi si asciuga con Carta Assorbente riscaldata da un ferro da stiro. 

Tracce o macchie di mordente.

Si eliminano intervenendo sulle zone interessate con tamponature di 30% acqua, 30% di Ammoniaca (escluso legno di castagno o rovere) e 30% di Acqua Ossigenata 130 volumi. Quindi si sciacqua più volte con una spugna imbevuta d acqua.

 

Altro Ricettario.

Qualora si conosca la natura delle macchie può essere utile tenere presente il seguente universale ricettario chimico, da applicarsi con tamponature di ovatta o Pasta di Cellulosa:

 

Tipo di macchia o incrostazione  Procedimento di pulizia
Acidi 

Ammoniaca o Bicarbonato di Sodio quindi risciacquare a lungo

 

Caffè   Soluzione concentrata di Sale da cucina quindi risciacquare a lungo
Catrame e derivati  Ammorbidire con Olio caldo pulire con Benzolo, Xilolo  quindi lavare con Acqua e Sapone
Erba Alcool intiepidito con fornellino elettrico Quindi risciacquare
Fuliggine soluzione al 20% di Acido Tartarico
Impiastro adesivo Benzina rettificata, Benzolo, Sverniciatore
Inchiostro Glicerina, Acido Acetico o Citrico
Olii vegetali  Benzina rettificata o Benzolo
Resine   Alcool 94
Ruggine

soluzione di Cloruro di Zinco al 10%

oppure Acido Citrico al 10%

oppure Acido Cloridrico

oppure soluzione al 5% di Acido ossalico   

quindi sciacquare con Acqua

Sangue ammorbidire con Ammoniaca diluita poi trattare con soluz. di Acido Ossalico 20% quindi sciacquare con Acqua.

Tra i metodi naturali, sebbene scarsamente efficaci, possiamo citare l' uso di alcune sostanze ampiamente utilizzate fin dai tempi antichi; fra queste ricordiamo l' olio di cedro, l' olio di zafferano e i pezzi di legno di cipresso levigato che venivano collocati all'interno dei mobili.

Per quanto riguarda i trattamenti fisici, va detto che alcuni dei metodi attualmente usati erano già conosciuti in passato, quando però mancavano le attrezzature adeguate per impiegarli con successo. Così, per esempio, fin dagli anni Trenta di questo secolo era noto che il calore poteva sterminare gli insetti xilofagi; elevando la temperatura del legno fino a 70 80 °C, infatti, tutti gli insetti larve e uova in esso presenti muoiono. Ma solo alcuni anni fa si è constatato che, per portare a termine questa operazione senza causare danni al legno, è necessario aumentare il livello di umidità ambientale, al fine di mantenere invariato il livello di umidità relativa dell'oggetto prima del trattamento. Tuttavia bisogna tenere presente che questo può essere pericoloso per certi elementi del mobile a basso punto di fusione, come ad esempio le resine naturali presenti nelle vernici.

Altri metodi fisici attualmente impiegati sono l' emissione di ultrasuoni e la radio sterilizzazione attraverso i raggi gamma
Quest'ultimo sistema consiste nell' esporre l' oggetto a una fonte di raggi di questo tipo che, penetrando nel legno, provocano la distruzione degli organismi vivi. E un procedimento che offre il vantaggio di non sottoporre il mobile al contatto di prodotti chimici, ma che presenta il rischio di intaccare la struttura del materiale esposto ai raggi. 
I trattamenti chimici (vedi Trattamento antitarlo) possono essere applicati attraverso due tipi di procedimenti: per iniezione o impregnazione di liquidi insetticidi e per fumigazione di gas. I vantaggi dei sistemi di distruzione degli insetti con l'uso di prodotti liquidi sono la facilità di applicazione e il fatto che costituiscono una forma di prevenzione di nuovi attacchi; mentre gli inconvenienti sono la mancanza di potere di penetrazione assoluto, il fatto che lasciano un residuo grasso sulla superficie e che la maggior parte di questi prodotti, di solito, sono altamente tossici.
 Proprio per questo si stanno sviluppando numerose ricerche, non solo per riuscire a mettere a punto prodotti a bassa tossicità o a tossicità nulla, ma anche per definire specifici metodi di applicazione. Un esempio in tal senso è l' esperimento compiuto in Canada in una metropolitana quando, nelle stazioni e in alcuni punti della linea, si verificò un attacco particolarmente grave di una specie di termiti chiamata Reticulitermes Flavites. Il  sistema impiegato in quel caso si basa su un comportamento tipico di tutti gli insetti sociali: la loro particolare forma di pulizia reciproca detta grooming. Si applicò così un insetticida ad effetto lento a un piccolo gruppo di termiti che venne successivamente esteso da loro stesse, attraverso la pulizia reciproca, a tutta la colonia. Questo è un modo per ridurre la contaminazione ambientale, generalmente associato ai trattamenti abituali. Il vantaggio della fumigazione consiste nel fatto che viene applicata in una camera o contenitore chiuso e controllato da macchine particolari, motivo per cui gli oggetti infestati possono stare a contatto con il gas tutto il tempo ritenuto necessario affinché gli insetti muoiano. II suo grado di penetrazione nel legno, così come i residui superficiali, dipendono dal tipo di gas impiegato. Fino a poco tempo fa, questo sistema presentava però un grave inconveniente: i gas utilizzati erano nocivi per l'uomo, alcuni addirittura letali. Ciò nonostante, recentemente sono stati sperimentati nuovi metodi di sterminio degli insetti per fumigazione non tossici, uno dei quali è a base di gas inerti in luoghi chiusi ermeticamente. Questo sistema, fra l'altro, non altera i materiali di cui è costituito il mobile. Tutti i metodi di fumigazione si applicano in luoghi perfettamente stagni o in recipienti sigillati.Sia i trattamenti fisici sia quelli chimici mediante fumigazione richiedono un attrezzatura di cui normalmente i laboratori di restauro non dispongono, per cui occorre realizzare tali interventi in centri specializzati. Al contrario, i trattamenti chimici per impregnazione o iniezione di sostanze liquide possono essere effettuati con facilità nei laboratori di restauro.

È auspicabile che in futuro si possa disporre di metodi e di prodotti che non siano tossici in assoluto e che, nello stesso tempo, siano in grado di eliminare gli insetti infestanti sotto qualsiasi forma si presentino, adulti, larve, pupe o uova.

L’inceratura e l’impregnazione con vernici grasse costituiscono senz’altro i due metodi di protezione più antichi, tanto che non se ne conosce l’origine; già in uso presso tutte le civiltà in epoca storica.Le cere naturali sono delle miscele intime di esteri acidi grassi a peso molecolare elevato e di alcoli superiori, di idrocarburi e di acidi grassi liberi ed alcoli liberi. Quando non sono raffinate contengono impurità organiche ed inorganiche di varia natura, sia di origine vegetale che animale, o anche minerale.
Le cere naturali si dividono in cere vegetali ed animali; accanto a queste due categorie si è soliti annoverare anche quella delle cere minerali, anche se chimicamente è impreciso definirle tali.
Ogni singolo componente delle cere ha un suo preciso punto di fusione, ma, variando le proporzioni secondo la zona di produzione e, addirittura, del periodo dell’anno, il punto di fusione delle cere può variare notevolmente. Questo è un aspetto di non trascurabile importanza che concerne tutti i prodotti naturali e che condiziona fortemente il loro uso artigianale. Spesso la citazione di un prodotto risulta inadeguata: dire “cera d’api”, per esempio, significa citare un prodotto, ma non le sue precise caratteristiche, poiché tale cera a seconda del periodo di raccolta, della zona, dei fiori da cui proviene, ha caratteristiche organolettiche ben diverse. E’ per questo motivo che spesso l’artigiano preferiva affidarsi a prodotti confezionati da ditte specializzate, già nel medio evo. Una grande produzione ha sempre permesso una certa continuità di qualitativa, oltre che mescole con prodotti che per l’artigiano sarebbero stati di difficile reperimento.
L’elenco che segue vuole soltanto essere indicativo delle principali cere usate nel passato.

 




 

Cere vegetali:

 

Cera carnauba
E’ senza dubbio la cera vegetale più importante dal ‘500 in poi. Viene estratta da una palma tipica del Brasile. Di colore bianco grigiastro, è la cera più dura e brillante, da una pellicola aderente ed elastica. Si scioglie in parecchi solventi, resiste bene all’umidità ed è difficilmente saponificabile. Contiene poca cera e molte sostanze caricanti quali stearina e paraffina.
Cera ceroxylon
Originaria della Columbia e del Perù, ha colore giallo paglierino ed è costituita da una resina e da una cera. Per le sue caratteristiche è simile alla carnauba.





Cera raphia ruffia
Si estrae da una palma del Madagascar. Il suo colore va dal bruno giallastro al bruno scuro. E’ dura, brillante e solubile a caldo negli usuali solventi. Molto usata prima della scoperta dell’America, ha poi ceduto il passo alla carnauba dotata di qualità superiori.




Cera candelilla
Sotto questo nome si raggruppa una serie di cere con caratteristiche simili, estratte da varie specie di euforbiacee tipiche del Messico, della California e del Madagascar. Tali prodotti inizialmente hanno per lo più un colore grigiastro che diventa giallo chiaro dopo purificazione per ebollizione in acqua. La cera candelilla ha odore caratteristico, è meno dura, resistente e brillante della carnauba, resiste poca all’acqua e saponifica facilmente.

Cera del Giappone
Detta anche sego verde, si estrae da certi frutti in Giappone ed in Cina. Il suo colore è verdastro, ma, lasciata al sole, dopo qualche tempo tende al giallognolo. Essa veniva spesso falsificata con olio di perilla, e, a sua volta, serviva per adulterare la cera d’api. Saponifica con molta facilità, da pellicole brillanti ma collose.

 

Cere animali

 


Cera d’api
E’ senz’altro la cera più nota. Viene prodotta in un gran numero di paesi, e le sue caratteristiche variano entro limiti assai ampi secondo la zona di produzione e del periodo dell’anno. Spesso contiene grandi quantità di sostanze grasse. Il suo colore varia dal giallo paglierino al bruno, ma esposta al sole, tende a sbiancarsi ed a perdere il suo odore caratteristico. Si scioglie con facilità nei comuni solventi anche a freddo, da pellicole brillanti e resistenti.

Cera cinese
La cera cinese o cera di insetti ha colore bianco verdastro, è inodore e lucente, ha struttura cristallina ed è talmente dura da poter essere polverizzata. Veniva spesso usata come sostituto della cera carnauba.

Cera di gommalacca
Tale cera viene estratta dalla gommalacca nella quale è presente in una quantità del 5 – 6%. Di colore giallastro, è dura e brillante. Fonde fra i 52 e gli 80°C.Cere minerali

 

Cera montana
Si estrae da ligniti bitumose (viene anche chiamata cera di lignite); di colore bruno scuro, è formata da miscele di acidi grassi, di alcoli, da una resina e da un poco di bitume. Si raffina con difficoltà, e quando è purificata è di colore bianco. Si polverizza con facilità e genera una pellicola brillante e resistente.

Ozocherite
Si estrae dai residui della distillazione del petrolio; di colore bianco, ha struttura microcristallina, si miscela facilmente con tutte le cere ed i solventi, fonde a 72 – 77°C e, come la paraffina, è costituita da miscele di idrocarburi. Si trova anche da sola allo stato naturale in zone delle Russia e della Polonia.

 

Paraffina
La paraffina, come l’ozocherite, non ha affatto la costituzione delle cere, ma viene classificata come tale benché sia costituita da idrocarburi ad elevato peso molecolare. Si trova in commercio in svariate versioni con punto di fusione oscillante da 30 a 110°C. Di colore bianco e struttura cristallina, si lega con difficoltà alle altre cere e da pellicole poco brillanti, scarsamente resistenti e tenere.  

Ceresina
Si tratta di miscele di ozocheriti e paraffine, o di paraffine e cera carnauba in varie proporzioni e, quindi, con svariate caratteristiche chimico-fisiche.


Raramente le cere venivano usate singolarmente. Il più delle volte si faceva ricorso a miscele per accentuare certe caratteristiche secondo l’applicazione specifica.
Va da sé che l’inceratura di un portone esposto alle intemperie doveva avere caratteristiche ben diverse da quelle di un mobile di pregio, o di uno rustico.
Nel primo caso, per esempio, si arricchiva la cera d’api con carnauba (questo connubio è stato molto usato a partire dal ‘600) e con cera montana, aggiungendo al tutto una resina, mentre per il mobile di pregio conveniva usare cera d’api, e per quello rustico si ricorreva magari alla ceresina.  

 

***

 

La miscelazione delle varie cere ha dato luogo ad un numero pressoché infinito di composti che a volte venivano realizzati artigianalmente e le cui formule erano tenute segrete.    
Spesso l’inceratura veniva effettuata con la tecnica dell’encausto. Tale sistema,  consisteva nell’usare la cera allo stato liquido per fusione a caldo (il termine deriva dall’encausto latino che veniva effettuato con cera punica). In tal modo l’effetto impregnante della cera veniva potenziato tanto da poter rinunciare a vernici di fondo anche su legni molto teneri e porosi. Il più delle volte veniva data su un fondo preparato con olioresina, così da ridurne l’assorbimento ed aumentarne la durabilità.
La preparazione delle cere ha sempre rappresentato un’operazione lunga e di un certo pericolo dovuto al dover sciogliere la materia prima a caldo col conseguente pericolo di incendi. Al momento le ditte produttrici di materiali destinati al restauro possono fornire una gamma completa di cere che va da quelle più povere e rustiche a quelle più fini, a cere dotate di ottima idrorepellenza, quelle da stendere a tampone, dall’effetto estremamente lucido, alle cere da riempimento……garantendo una qualità costante che la preparazione artigianale non permette dal momento che la composizione dei prodotti base non è mai costante e varia a causa di tutta una serie di motivi spesso imponderabili.
A proposito delle cere da usare a stoppino, mi capita spesso di vedere (ed anche di leggere su capitolati redatti da sovrintendenze) mobili di fabbricazione anteriore all’ottocento trattati a “stoppino” con gommalacca. Si tratta di un anacronismo imperdonabile. Vi sono cere che conferiscono un lucido pari a quello della gommalacca, ma più serico senza dare filmazione accentuata.